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Colonne Doriche, sentinelle della gloria di Taras
Emiliano Fraccica - 12 Marzo 2022
Chi vedesse Taranto per la prima volta, oltrepassando dai Tamburi il Ponte di Pietra, magari non capirebbe subito di esserci entrato. Non lo penserebbe a Piazza Fontana, né lo percepirebbe davanti alla maestosa San Domenico. È più probabile che se ne accorgerebbe varcando Piazza Castello, agorà nevralgico a metà fra Città Vecchia e Borgo nuovo.
E se il fascino di una Grecia antica, Magna, l’avrà guidato nel capoluogo ionico, non sarà Palazzo di Città a impressionarlo, né il Castello Aragonese che, nonostante la mole, rimanda a un passato più futuro. Si lascerebbe invece rapire da quelle due colonne misteriose, vivida e fisica testimonianza della gloria tarantina.
Le Colonne Doriche oggi sono da immaginare come la parte terminale di un imbuto che, dagli scorci aperti del Ponte Girevole, via via si restringe fino ad assottigliarsi in via Duomo. 27 secoli fa però queste due colonne facevano parte di un tempio che, con buona pace di uno dei più illustri uomini tarantini, Luigi Viola, non era affatto dedicato a Poseidone: più facile si trattasse di un luogo destinato al culto di una tra Atena, Persefone o Era, considerando anche che negli scavi sono stati trovati 3 frammenti di statuette con una donna seduta su un trono, resti di ossa, terra arsa e zanne di suini.
Tramite un passaggio di sacralità dal politeismo greco, le colonne vennero inglobate nella chiesetta della Santissima Sanità, poi il già citato Viola ne riportò alla luce una più il capitello dell’area. Ma la storia aveva ancora altri progetti per quest’area: in età fascista la zona doveva essere occupata dal futuro Palazzo delle Poste. Gli scavi però fecero riemergere i blocchi di carparo del tempio.
Seguì un battibecco tra i ministeri delle Comunicazioni e quello della Pubblica Istruzione, che venne risolto dal Duce in persona con una lettera: interruzione definitiva dei lavori e Palazzo delle Poste sul Lungomare. Se Mussolini ha davvero fatto “cose buone” fate che questa sia l’unica.
Le due colonne si ergeranno in tutto il loro splendore solo a partire dagli anni ’70, con scavi mirati e politiche più sensibili al recupero dell’archeologia magnogreca. Sarebbe difficile immaginare Taranto senza di esse, ma chiudiamo con una provocazione: al netto di un’iperattiva opera edilizia e di uno sciacallaggio senza pari, come sarebbe bello oggi ammirare un tempio dorico, il più antico della Magna Grecia per la precisione… al massimo della sua integrità?
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