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Quannә stavanә le chiangia muertә…
Redazione IAMTaranto - 25 Agosto 2024
Il culto dei morti è anche folklore soprattutto al Sud e tra le usanze più antiche il canto funebre era affidato alle donne pagate per piangere: le prefiche. Già presenti nell’antica Grecia e nella Roma classica, le donne che piangevano ai funerali avevano un ruolo importante, infatti il termine prefica deriva dal latino praeficere che significa mettere a capo, stare davanti, guidare, specificatamente guidare il pianto. Lo storico latino Festo definisce le prefiche “donne chiamate a lamentare il morto che danno alle altre il ritmo del pianto”.
Le “chiangia muertә” vestite di nero e spesso col viso coperto avevano il compito di recarsi a casa del defunto e disperarsi per la dipartita, intonando le laudationes funebri (lamentazioni, canti, litanie e nenie), contribuendo così a dare successo al funerale stesso con la loro rappresentazione quasi teatrale della disperazione.
Il rituale messo in atto da queste donne che si disponevano attorno al letto funebre aveva delle tecniche del pianto ben precise ed anche le frasi utilizzate una sequenza stabilita. Si partiva da lodare il defunto per le sue doti personali e le sue virtù per poi passare alla descrizione delle condizioni di disagio della famiglia a seguito del decesso. Le prefiche parlavano per bocca dei parenti più stretti ricordando i momenti più importanti dell’intera vita del defunto senza fare invocazioni ai Santi, anzi Gesù Cristo era stato traditore nel portarsi via il proprio familiare.
Questa tradizione è rimasta viva in particolare in Calabria, Basilicata, Puglia e Campania fino agli anni sessanta e alcune donne meridionali hanno ereditato questo cerimoniale, tanto che ancora oggi durante la veglia funebre o ai funerali si possono ascoltare delle nenie tipiche delle prefiche.
Nel Sud Italia per alcune donne questa era una vera e propria professione, a Taranto era praticata in particolare dalle “pentite”, donne rimaste sole e in povertà o che avevano fatto vita di strada che venivano accolte nel Conservatorio delle Pentite, nel Borgo antico.
Le tecniche da utilizzare durante la veglia funebre cambiavano a seconda del livello sociale del defunto, alternando lamenti, singhiozzi e grida, accompagnati da gesti di disperazione. Le salmodie cantate con voce sommessa e tremolante erano spesso inventate, differenti l’una dall’altra e concordate prima di recarsi dal defunto, l’importante era suscitare la massima commozione dei familiari ricordando il vissuto del defunto.
Di queste storie del passato oggi se ne ricorda solo il nome “prefiche” per indicare le piagnone, le donne che si piangono addosso, che a differenza di ieri non avevano tempo per piangere e pur di combattere le ristrettezze economiche si inventavano i mestieri più strani.
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