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La Dea in trono: un pezzo (in copia) di storia di Taranto

Redazione IAMTaranto - 31 Luglio 2021

Il 10 febbraio di qualche anno fa trova posto nel MarTA la statua della Dea di Taranto o Dea in trono meglio conosciuta come “Persefone Gaia”. Non si tratta dell’originale ma di una copia, realizzata con la sofisticata tecnica del laser scanner dai tecnici dell’Altes Museum di Berlino, dove la statua si trova dal primo dopoguerra. I tecnici tedeschi hanno iniziato ad effettuare le scansioni tridimensionali della statua l’8 settembre 2014, trasmesse al Museo di Taranto che ha provveduto a far realizzare la copia dell’opera presso uno studio d’arte di Carrara. È stata utilizzata una resina ad alta densità capace di restituire fedelmente l’impressione del marmo. La storia del trafugamento dell’imponente statua è alquanto controversa e costellata da svariati tentativi di riportarla in Patria. È sicuramente una statua di culto legata ai Riti Eleusini e rappresenta una tra le dee Persefone, Hera e Afrodite. È un marmo monolitico di Paros del peso di circa 11 quintali (460 A.C.) ed alto 151 cm. Sembra sia stata ritrovata a Taranto nel 1912, nella zona tra le vie P. Amedeo, via Leonida e via D. degli Abruzzi dove oggi si vedono i resti delle “thermae pentascinenses”. La statua si è ben conservata perché era stata seppellita e protetta in un vano sotterraneo, come ha avuto modo di dichiarare la studiosa tedesca Madeleine Mertens-Horn nel 2001 a latere del convegno di studi sulla “Magna Grecia”. Considerando che dalla stessa zona proviene anche il famoso tesoro dei Rotschild (il thesauros) composto da numerosi oggetti in argento, con immagini in rilievo tra cui l’Eros, l’Afrodite e la coppia abbracciata, la studiosa tedesca affermava, appunto, che sia il thesauros che la statua erano state seppellite per ragioni di sicurezza nel corso della seconda guerra annibalica, intorno al 209 A.C.. Portata dapprima ad Eboli e da qui, imbarcata nottetempo, raggiunse clandestinamente la Francia. Fu posta in vendita alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale in maniera clandestina in Svizzera e tra gli acquirenti risulta addirittura l’Imperatore tedesco dell’epoca Kaiser Guglielmo II che investì un milione di marchi per portarsi a casa la statua in maniera legittima. Non rientra dunque nel novero di quel patrimonio depredato e perciò restituibile. Innumerevoli sono stati fino ad oggi i tentativi di riportare a casa la statua. Iniziò il Ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli nel 2008 che varò “l’operazione prestito” con la Germania, si proseguì con l’assessore al Turismo della Regione Puglia Massimo Ostilio che siglò un preliminare con il Ministero tedesco degli Affari Esteri per un prestito temporaneo di tre mesi, fino ad arrivare alle varie battaglie condotte dal Prof. Vittorio Del Piano, finissimo uomo di cultura jonico. Da qualche anno i Tarantini possono accontentarsi di ammirare il sorriso enigmatico “high tech” della loro Dea-bis.

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