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Taranto: 25 platani in memoria dei bambini vittime dell’ex Ilva

Lorenzo Ruggieri - 26 Ottobre 2021

Nell’ambito della 49esima Settimana Sociale dei cattolici italiani, il 23 ottobre scorso, 25 alberi di platano sono stati piantati, in zona Palafiom, in memoria dei bambini tarantini vittime dell’inquinamento. Un evento che “indica un cambiamento di rotta”, come ha dichiarato l’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, “un segno di speranza per tutti quanti noi”. A fargli eco, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente Cei: “Il mio sogno è che crescano dei platani che diano ossigeno. Dare ossigeno vuol dire dare vita e contrastare l’inquinamento”. Dello stesso avviso anche il segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Stefano Russo: “Non vogliamo che diventi un monumento ai caduti ma un’area vissuta”.

Alberi che andranno a costituire la zona verde del rione Salinella. Accanto ad essi, sono stati posizionati cartelloni raffiguranti le foto delle giovani vittime innocenti dell’inquinamento prodotto dall’ex Ilva. Presenti anche alcuni rappresentanti dell’Osservatorio Permanente Salinella (promotori dell’evento), dell’associazione Genitori Tarantini ETS e il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, il quale ha dichiarato che “è necessario emanciparsi economicamente da questi ricatti e credo che la nostra città si stia incamminando speditamente su questa strada. I cambiamenti si avvertono sia intorno al nuovo piano industriale dell’ex Ilva che sul piano psicologico. La transizione deve partire da qui per essere esportato in altri territori sensibili da questo punto di vista”.

Il cardinale Bassetti ha concluso ricordando la Laudato Sì di Papa Francesco: ” Il Santo Padre, nella sua enciclica, dice che la natura piange come una madre tradita dai propri figli, che l’hanno inquinata e sporcata. Dobbiamo chiedere perdono alla natura e questo gesto è un bellissimo segno di riparazione. è tutta una sinfonia: la natura, l’ambiente, l’uomo, gli animali. Siamo tutti un’unica famiglia che ha il compito di lodare Dio.”

La cerimonia, dunque, rappresenta un simbolico segno di riscatto sociale da parte di una popolazione a lungo sfruttata ed inascoltata.