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La Concattedrale di Taranto, “il sogno di una città”

Lorenzo Ruggieri - 14 Aprile 2022

La Settimana Santa rappresenta un’occasione unica per riscoprire riti e tradizioni della nostra terra. Quest’anno, la “gara” per l’aggiudicazione ai confratelli dei simboli e delle poste (sia dei Misteri che del pellegrinaggio ai Sepolcri), si è svolta per la prima volta nella Concattedrale Gran Madre di Dio. Questa decisione è stata assunta al fine di rispettare le restrizioni anti-Covid tutt’ora vigenti.

La Concattedrale, inoltre, rappresenta uno dei luoghi di culto più significativi per i tarantini. Il suo stile architettonico, inoltre, ne ha ampliato la fama oltre i confini regionali. Ecco perché la ricorrenza religiosa degli ultimi giorni consente di approfondire il tema legato alla rivalutazione del territorio ed in particolare delle sue peculiarità.

La Concattedrale Gran Madre di Dio: la storia

Monsignor Guglielmo Motolese, chi era costui? Sicuramente, i cattolici tarantini praticanti avranno già intuito il perché di tale riferimento. Il religioso di Martina Franca, infatti, è stato arcivescovo di Taranto dal 1962 (anno della nomina da parte di Papa Giovanni XXIII) al 1987. Proprio ad una sua intuizione si deve la realizzazione della Concattedrale di Taranto. Il progetto nacque dall’esigenza di creare un centro religioso vicino al nuovo asse di espansione della città. Originariamente, esso doveva comprendere anche una scuola, un auditorium e alcune abitazioni, che però non sono mai state realizzate.

Monsignor Gugliemo Motolese (Fonte: Il Corriere del Giorno)

Ubicata nel Borgo Nuovo della città, precisamente in via Monsignore Blandamura, Motolese ne affidò l’esecuzione al noto architetto milanese Gio Ponti. Quest’ultimo pensò all’incarico come un vero e proprio percorso di fede e di riflessione religiosa. L’opera, infatti, è ancora oggi conosciuta come la più importante del Ponti, il quale, riferendosi proprio al suo mecenate ed al Papa, definì la struttura come “il sogno di una città, il sogno dei suoi cittadini e il sogno di Guglielmo e di Giovanni”. Questa frase racchiude perfettamente il legame instauratosi tra l’architetto e Monsignor Motolese, culminato in una sincera amicizia.

Dopo l’elaborazione del progetto durata ben due anni (tra il 1964 ed il 1966), il 29 giugno 1967 venne posata la prima pietra. I lavori terminarono tre anni dopo ed il 6 dicembre del 1970 monsignor Motolese inaugurò l’opera. Essa venne dedicata alla Gran Madre di Dio, protettrice della città insieme a San Cataldo.

La Direzione Generale per la Creatività Contemporanea ha deciso di inserire l’opera nel “Censimento dell’Architettura del Secondo Novecento“. Nella cripta sottostante, invece, riposano le spoglie di Monsignor Motolese.

La composizione della Concattedrale Gran Madre di Dio

Il richiamo alla tradizione marinara della città è rappresentato dalle tre vasche d’acqua collocate nel piazzale antistante. Al loro interno, infatti, si rispecchia la struttura a “vela” dell’edificio. La Concattedrale in cemento bianco è articolata in due parti, in analogia con le antiche cattedrali italiane.

“Ho pensato: due facciate. Una, la minore, salendo la scalinata, con le porte per accedere alla chiesa. L’altra, la maggiore, accessibile solo allo sguardo e al vento: una facciata per l’aria, con ottanta finestre aperte sull’immenso, che è la dimensione del mistero… Altrimenti dove si dovrebbero sedere gli angeli?” Spiegò il Ponti in merito alla sua opera. La facciata anteriore è lunga 87 e larga 35 metri. Quella posteriore, arretrata di 50 metri rispetto alla prima, è costituita da un doppio muro traforato alto 40 metri, su cui si aprono ottanta finestre esagonali e rettangolari, incastrate ai lati tra due strette torri campanarie.

Concattedrale Gran madre di Dio (Fonte: Atlante Architettura Contemporanea- Ministero della Cultura)

L’ingresso alla chiesa avviene attraverso uno spazio compresso che dà accesso alla navata, una reinterpretazione del nartece come filtro tra la città e l’assemblea. Al di sopra di esso, internamente, è collocato lo spazio del coro. La chiesa maggiore si caratterizza per la grande navata unica a margine della quale si trovano due stretti ambulacri che consentono l’accesso alle cappelle laterali del Santissimo Sacramento, della Madonna del Mantello, del Battistero e del Marinaio. Essa può ospitare fino a 3000 persone ed al suo interno è presente l’organo, il cui suono sembra che si propaghi in maniera corale.

Le pareti ed i volumi caratterizzati da un intonaco grezzo e materico sono affiancati dai colori della tradizione pugliese nelle infinite declinazioni dei verdi, degli ocra e dei gialli. L’altare maggiore è interamente in pietra, con decorazioni in ferro rozzamente colorato di verde per la parte rivolta ai fedeli.

Insomma, sacro e profano racchiusi meravigliosamente all’interno di un’opera unica. La Concattedrale Gran Madre di Dio rappresenta ancora oggi un vanto per i cittadini ed una tappa fissa per i turisti.