Questo sito web usa cookie per offrirti una migliore esperienza di navigazione. I cookie sono salvati nel tuo browser e salvano le tue abitudini di navigazione per aiutarci a capire come rendere più interessante e utile la tua esperienza.
Tempo di lettura: 4 min.
Taranto trent’anni fa in “Io speriamo che me la cavo”
Andrea Chioppa - 8 Gennaio 2022
Il capolavoro cinematografico diretto dal genio della regia Lina Wertmüller nel 1992 è andato in onda ieri in prima serata su Rete Quattro. Il film tratto dall’omonimo libro di Marcello D’Orta racconta di un maestro di elementare, Marco Tullio Sperelli, interpretato da Paolo Villaggio il quale a causa di un errore burocratico viene trasferito a Corzano anziché a Corsano comune della sua terra di origine, la Liguria. Il maestro Sperelli si ritrova così catapultato in una realtà quasi surreale del diroccato comune napoletano.
Sin dal suo arrivo a scuola, l’istituto De Amicis di Corzano, l’insegnante si trova a dover fare i conti con numerose problematiche. I suoi alunni, tutti con famiglie in difficoltà economiche più o meno pesanti, non frequentano regolarmente la scuola perché costretti a lavorare per aiutare le proprie famiglie, tanto che Sperelli deve andare a prenderli uno per uno in strada. A questo si aggiunge la totale non curanza della direttrice della scuola, mai presente, e la tracotanza del collaboratore scolastico e reale amministratore dell’istituto il quale, approfittando di alcune problematiche si riempie le tasche vendendo carta igienica e gessetti agli alunni.
Il Maestro Sperelli, straordinariamente interpretato da Paolo Villaggio, prova con grande fatica a svolgere il suo mestiere ritrovandosi a far fronte alle singole problematiche famigliari dei bambini tra le quali la povertà, il degrado culturale, l’influenza costante della camorra e quindi la completa assenza delle Istituzioni e dello Stato. La sua opera di “recupero” viene però interrotta da una nuova comunicazione di trasferimento che di fatto lo raggiunge proprio nel momento in cui inizia ad ambientarsi pienamente in quella realtà e con la sua partenza lascia nei suoi alunni soltanto la viva speranza di un futuro migliore.
Nonostante la pellicola sia ambientata in provincia di Napoli, a noi tarantini e a quanti conoscono e apprezzano Taranto è sicuramente balzata all’occhio la serie di numerose inquadrature soprattutto panoramiche della Città Vecchia. Già nelle primissime scene quando il protagonista giunge in macchina sul luogo a lui predestinato, la cinepresa attraversa tutto Corso Vittorio Emanuele II soprannominato dai tarantini “la ringhiera“. Subito dopo l’attore si ferma ad un distributore di benzina e incontra uno dei suoi alunni. La scena si svolge in piazzale Democrate tra il Ponte di Pietra ed il famoso ristorante “Al gambero”. La cinepresa inquadra buona parte della Città Vecchia dal lato di Via Garibaldi. Quando il maestro Sperelli va in giro a recuperare i bambini da portare a scuola si distingue chiaramente il Pendio La Riccia, la scalinata che collega Via Duomo a via di Mezzo, con il suo tradizionale mercato ormai scomparso da anni.
Continuando il suo giro con i bambini, il maestro si dirige verso la scuola elementare attraversando piazzetta Cariati e percorrendo la parte finale di via Garibaldi in direzione della così detta “dogana” verso piazza Fontana. Alla loro destra il Mar Piccolo.
Successivamente durante una sua divertente passeggiata con il piccolo Nicola, i due personaggi imboccano Via Paisiello entrando da via Duomo e passano davanti al Santuario della Madonna della Salute in piazzetta Monteoliveto proprio quando il bambino rischia di essere investito. Verso la fine del film quando Paolo Villaggio, allettato, legge i temi dei suoi alunni, ritroviamo il fotogramma del cortile della casa di Totò nel momento dell’arrivo del dottor Nicolella. La casa è posizionata in Via San Martino e la cinepresa inquadra per intero il portone della chiesa di San Domenico Maggiore, immagine iconica della città soprattutto durante i Riti della Settimana Santa.
Infine l’inquadratura più significativa si trova al di là della camera da letto del maestro, in casa di Ludovico Mazzullo ubicata in Vicolo Casale alle spalle della chiesa di San Giuseppe. A più riprese, durante il film, il protagonista si affaccia in diversi momenti del giorno, ma soprattutto la sera quando tenta inutilmente di intraprendere una conversazione con Don Gabrieluccio. L’inquadratura ricopre il primo seno del Mar Piccolo inquadrato da Est – si intravedono le navi militari in uscita dal Canale Navigabile – verso Ovest – in lontananza i quartieri Paolo VI e Tamburi, i fumi dell’acciaieria e la restante parte della Città Vecchia. Ancora oggi a distanza di trent’anni da quando è stato girato il film, le scene e il panorama mozzafiato ripreso probabilmente da uno dei punti più alti del Borgo Antico ci regalano nella sua totalità la straordinaria ed immortale bellezza di Taranto.
Ti è piaciuto questo articolo?
Sostienici