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Dodi Battaglia a spasso a Taranto tra selfie, sorrisi e ricordi – GDM
Redazione IAMTaranto - 1 Marzo 2022
TARANTO – «Come un temporale… a Taranto». Così, i Pooh, cambiando per una sera il testo di uno dei loro successi. «Ma perché è accaduto che in più di un concerto “scendesse” la pioggia». Dodi Battaglia, settant’anni sfiorati, chitarrista con la formazione musicale italiana più amata, di passaggio in città. «Base Taranto, una settimana: comodo muovermi da qui, ieri sono stato ad Otranto, oggi destinazione Bitonto, ma poi torno». A passeggio sul Lungomare, lo riconoscono in molti. Qualcuno, con discrezione, lo saluta, chiede e ottiene un selfie. Una ragazza, un barman, un panettiere, un ottico. La popolarità è trasversale, Battaglia non si nega. «Questa città è sempre la stessa, come cinquant’anni fa, piena di affetto».
Dodi Battaglia a Taranto: l’intervista completa
Taranto, i Pooh, i successi.
«Primo concerto in teatro, qui alle mie spalle, cos’era l’“Alfieri”? Tempi di “Alessandra” e “Parsifal”: era appena entrato Red Canzian al posto di Riccardo Fogli; non esistevano ancora i video, per intrattenere il pubblico prima che entrassimo in scena per qualche minuto facevamo proiettare i Rolling Stones, anche in queste scelte avevamo coraggio».
A proposito di gruppi.
«Avessi dovuto scegliere un complesso musicale con il quale suonare? Sicuramente i Chicago: più vicino al chitarrismo di “25 or 6 to 4” che a “If you leave me now”, ballad raffinatissima».
Battaglia e i suoi colleghi, Red Canzian e Roby Facchinetti.
«L’ultima telefonata ieri, a Red, per conoscere le sue condizioni dopo il ricovero; si sta riprendendo, grazie al cielo, sta reagendo bene alle cure per combattere un’infezione. Poi ci sentiamo anche per via del brand “Pooh”: continuano ad uscire pubblicazioni che ci riguardano».
Torniamo alla pioggia. Da qualche parte dicono sia di buon auspicio.
«Ricordo un fuggi-fuggi generale dal “Mazzola”, fine Anni Settanta, in classifica “Viva”: i ragazzi si ripararono come potevano, recuperammo il giorno dopo; altro temporale, stavolta allo “Iacovone”, tour “Cento di queste vite”: in diecimila sugli spalti con gli ombrelli, un migliaio, nonostante l’acquazzone, in fila al botteghino per acquistare il biglietto, se non è affetto questo. Poi il primato, niente pioggia, ancora “Iacovone”: ventimila spettatori con “Un posto felice”».
Uno spicchio di terra, non solo tavola, mare e sole.
«Considero la Puglia come la mia seconda casa: nella mia stessa Bologna ho un sacco di amici pugliesi; ora che ricordo, qui realizzammo una “carrambata”, facemmo visita alla famiglia Massafra, a Gennaro e Antonia, il figlio Nicola era un patito delle nostre canzoni e Raffaella Carrà volle che ci prestassimo a questa sorpresa: fu un bel successo».
Anche un video tarantino.
«Ho girato “Dov’è andata la musica”, ripescatelo su Youtube, rivedrete Città vecchia, Ponte di pietra, strade del centro. L’ho realizzato in collaborazione con Pier e Claudio Giuffrida – titolari della coverband Palasport – gli stessi che lo scorso novembre in teatro hanno dedicato una serata a Stefano D’Orazio; quella sera ero impegnato, ma realizzai un video per far sentire la mia vicinanza e il mio affetto a Tiziana, sua moglie».
Youtube, il rapporto con i social.
«Bisognerebbe farne un uso responsabile, perché talvolta genera imbecilli: del resto, Umberto Eco diceva che nei social lo scemo del villaggio conta quanto un Nobel, dunque massima attenzione. Lato positivo: i tempi sono cambiati, sei in contatto con il mondo, sei informato su quello che fanno colleghi e amici».
I Pooh e una reunion.
«Avevo avanzato una ipotesi in una trasmissione condotta su Raiuno da Marco Liorni; posi una sola condizione: tornare a suonare insieme in pubblico con i miei colleghi, ma solo se si fosse presentato qualcuno con una proposta milionaria da devolvere totalmente in beneficenza; la scomparsa di Stefano ha chiuso definitivamente qualsiasi progetto piccolo o grande che fosse».
Gli amici emiliani, da Vasco a Zucchero, Curreri, Vandelli, Cremonini, Solieri, Zanotti.
«Se la Puglia è calore, l’Emilia è riservatezza: non esiste un Roxy Bar nel quale sentirsi rockstar. Ho la sensazione che fra noi ci sia un sano egoismo nel volersi sentire protagonisti: senza volerlo, tutti facciamo in modo di apparire slegati da questo o quell’altro collega: ma, attenzione, è una mia idea».
Infine, non un album, ma un libro appena pubblicato: “Le mie 60 compagne di viaggio”.
«Le mie chitarre. Sarà lo spunto per un tour che porterò nei teatri in autunno: un recital, con tanto di voci fuori campo, dialoghi e colpi di scena. Ci sto lavorando insieme con un grande regista italiano del quale non posso fare il nome». Battaglia conferma: gli emiliani sono riservati.
fonte: Gazzetta del Mezzogiorno Taranto
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