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Un giro a Palazzo d’Aquino, tra storia e cultura
Roberta Frascella - 24 Giugno 2022

La Città Vecchia di Taranto nasconde tesori che noi tarantini stessi spesso non conosciamo o diamo per scontato, perché il nostro occhio si è abituato a un certo tipo di panorama. Eppure, nel Borgo, i palazzi nobiliari antichi sono tantissimi e ognuno ha la sua (importante) storia: tra questi, c’è Palazzo d’Aquino.

PALAZZO D’AQUINO: UN LUOGO DI STAMPO CLASSICO
Palazzo d’Aquino sorge nel Pittaggio Baglio, lungo il pendio la Riccia, accanto al Convento di Sant’Agostino e si affaccia sul Mar Piccolo.
Si tratta di un edificio di struttura quadrangolare con al centro un cortile interno, mentre alle sue spalle sorge un grande giardino.
Vi si accede tramite un grande portale affiancato da due rocchi in granito (un tempo dei paracarri) e da due enormi finestre con cornice. All’interno, invece, si aprono numerose sale con affreschi decorativi, in parte rovinati a causa del passare del tempo.

UNA STORIA NOBILIARE
All’ingresso, si nota una lapide dedicata a Tommaso Niccolò d’Aquino – di cui il palazzo porta il nome –, il quale nacque in questa casa nel 1665 e qui stesso vi morì nel 1721, non prima di aver ospitato, sempre negli stessi ambienti, l’Accademia degli Audaci.
La lapide è un dono del Comune per il secondo centenario della sua morte, ma è anche un pretesto per addentrarci nella storia di questo posto.
Palazzo d’Aquino fu costruito, infatti, verso la fine del Cinquecento da Guido d’Aquino, figlio di Michelangelo d’Aquino ed Elisabetta Protontino (quest’ultima nobile locale) e fu acquistato dalla famiglia dei conti d’Aquino nel Seicento.
Guido desiderava un palazzo in una zona panoramica e infatti fu chiamato “Appennino di Guido”. Questa nobile famiglia, di origine longobarda, arrivò a Taranto nel Quattrocento e si alleò con Giovanni Antonio Orsini Del Balzo nella congiura contro Ferdinando I di Napoli.
Successivamente, i due eredi Francesco Antonio e Tommaso fecero un inventario di tutti i beni di Guido e, a causa di dissidi tra i due, si divisero i vari locali del palazzo. Non avendo avuto discendenti diretti, alla loro morte, la famiglia si estinse e tutti i beni passarono al loro cugino, Giovanni Capitignano.
I Capitignano, in seguito, furono costretti a vendere il palazzo nel 1752 a causa di alcuni debiti contratti ed esso fu acquistato da Nicolò dell’Ariccia, da cui prende il nome il pendio su cui esso sorge. Nel 1887, anche i Capitignano si estinsero e quindi il palazzo fu venduto a Francesco Latanza.
In seguito, ospitò l’Accademia degli Audaci, un circolo culturale creato intorno alla metà del Cinquecento dal poeta Cataldo Antonio Mannarino e dallo storico Giovanni Giovine e collegato con quelli di Napoli e Roma.
Nell’ambito dell’Accademia, Tommaso Niccolò d’Aquino creò una vera e propria Arcadia, sulla scia delle tendenze culturali dell’epoca, creando discussioni sui temi più svariati, quali poesia, teologia, filosofia, botanica e zoologia, e diffondendo tali saperi in città con l’aiuto dei Gesuiti del Seminario Arcivescovile.
E OGGI?
Forse fu proprio questo suo passato che ha influenzato la sua funzione odierna, ovvero ospitare l’Archivio Storico Comunale e soprattutto il Polo Jonico dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
Le atmosfere nobiliari e pregne di cultura oggi si avvertono ancora quando ci si addentra in Palazzo d’Aquino e creano l’ispirazione ideale per continuare ad apprendere e diffondere cultura, scritta e orale, anche a distanza di secoli.

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